“Ciò che conosciamo di noi è però solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.”
Luigi pirandello
Oggi parliamo di Svadhyaya, lo studio del sé che gli antichi yogi ci intimano a perseguire.
Lo so, è ancora un strano termine sconosciuto (il Sanscrito è una lingua tanto magica, quanto astrusa), ma ti prometto che il suo significato risuonerà con la quotidianità a cui sei abituato.
Pariamo da una domanda: credi di conoscere te stesso?
Ok, non è proprio la più semplice delle domande, me ne rendo conto.
Ma così su due piedi, cosa risponderesti?
Per quanto riguarda me, oggi risponderei un bel “NO!”
Come Socrate,
So di non sapere
SOCRATE
A differenza di ieri, oggi però aggiungerei: “mi conosco molto più di quanto mi conoscessi prima.”
Faccio una breve digressione per spiegarti cosa intendo dire. Sono sempre stata una persona molto frenetica (chi non lo è al giorno d’oggi). Studio intenso, lavoro convulso, palestra, amici, genitori, serate, viaggi oltreoceano.
Fino a che, un bel giorno, non mi sono ritrovata letteralmente sperduta. Un marea di strade aperte davanti a me e nessuna che portasse da qualche parte.
Un costante stato di ansia, svariati problemi fisici e difficoltà di gestione quotidiana, mi hanno costretto a fermarmi. (Finalmente!)
Le tradizionali modalità e strategie che da sempre applicavo per risolvere i miei problemi (medicine, viaggi e serate svuota-mente) non funzionavano più.
Aiuto! Che fare?
Solo a quel punto, ho deciso di provare qualcosa di nuovo. Ho provato per la prima volta una lezione di yoga.
Ero cinica e, da brava ingegnere, non credevo che qualcosa non prescritto da un medico certificato potesse effettivamente essermi d’aiuto.
Mi sbagliavo.
Da quel momento sono partita per un viaggio dalla meta incerta.
Ho iniziato il mio viaggio attraverso Svadhyaya, lo studio del sé.
Devo dire che si tratta di viaggio lungo (ancora in corso), contorto, a tratti spaventoso.
Ma il più magico mai intrapreso.
Oggi posso affermare che fermarmi e provare a capire me stessa è stata la migliore scelta (obbligata sì certo), che io abbia mai compiuto!
Ho capito l’importanza di Svadhyaya, lo studio del sé.
Ho capito che, solo conoscendo me stessa ed i miei meccanismi di funzionamento, posso comprendere il mondo esterno.
Ma quindi cosa si intende per Svadhyaya, studio del sé?
Svadhyaya, insieme a Saucha, Santosha, Tapas e Isvara Pranidhana, è uno dei “Niyama“, le “Osservanze” verso se stessi, descritto negli Yoga Sutra di Patanjali.
(Se vuoi approfondire gli Yoga Sutra, ti consiglio la bibbia commentata in merito, Quattro Capitoli Sulla Libertà, di Swami Satyananda Saraswati).
Svadhyaya consiste nell’osservazione del proprio comportamento e della dinamica psichica della propria mente.
Un concetto yogico molto interessante, che approfondiremo in articolo dedicato, è quello di Drashta, il Testimone.
Portare Svadhyaya, lo studio del sé, nella quotidianità significa imparare a osservarsi, come testimoni di noi stessi.
Poco a poco si cessa di identificarsi con la personalità, la somma dei movimenti della mente e delle reazioni abituali.
Svadhyaya porta alla discriminazione e alla padronanza di sé. Si impara, insomma, a percepire se stessi sotto prospettive diverse. A “guardarsi dall’esterno”. Proprio come se fossimo testimoni esteriori delle azioni e dei pensieri.
Questo distacco è funzionale a rendere la mente lucida e a raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo.
A questo punto una domanda sorgerà spontanea.
Come si studia se stessi?
Purtroppo a scuola non insegnano a prestare attenzione agli stimoli interiori.
Un po’ di anatomia e poi si è apparentemente pronti a navigare nel mare in tempesta della vita.
Ma è davvero così?
Il corpo umano è un sistema affascinante, perfetto, ma molto complesso, che funziona secondo regole e strutture ben definite dalla Natura.
Anche il cervello, il sistema nervoso e il sistema endocrino fanno parte del corpo umano ed influenzano attivamente le nostre emozioni e pensieri.
Emozioni e pensieri, a loro volta, controllano il nostro stato d’animo, la nostra lucidità e capacità di agire.
Insomma la nostra vita quotidiana.
Per imparare a navigare tra le infinite complessità della vita, è necessario acquisire consapevolezza di sé.
E’ necessario imparare come funziona il sistema corpo-mente e comprendere cosa lo influenza. E’ necessario, insomma, svadhyaya!
So che è tutto un po’ strano, ma non preoccuparti!
Questa settimana parleremo di diverse tecniche di auto-osservazione, che potrai iniziare a sperimentare.
Ti lascio anche un ottimo libro che affronta proprio questi temi: “Diventa Supernatural” del mitico Joe Dispenza.
Infine, per aiutarti a iniziare da qualche parte, Bennini ha preparato una serie di 32 domande a cui potrai rispondere per cominciare l’avventuroso viaggio dentro te stesso.
Puoi riceverle, scrivendoti alla newsletter, qui sotto.
Sei pronto a partire per questo viaggio?
Solo conoscendo te stesso, puoi iniziare a cambiare la tua vita!
Buona fortuna anima bella!
A presto,
Pat